INTERVISTE
Una pagina con tutte le interviste fatte e il link ai bellissimi blog che mi hanno ospitata...
"Extravergine d'autore - Self publishing di qualità superiore" è un portale che si occupa di effettuare, tramite un comitato di lettura competente, severo e del tutto imparziale, una scrematura nella vasta offerta dei romanzi indipendenti. Qui la loro vetrina. Qui l'intervista originale, rilasciata in occasione dell'inserimento in vetrina del mio romanzo urban fantasy Quella Notte il Vento. Sono lieta di poter dire che anche il mio romanzo di fantascienza Immateria è rientrato da pochi giorni fra quelli da loro selezionati.
Quattro chiacchiere con Rossella Romano
Rossella Romano
Protagonista della nostra intervista mensile è Rossella Romano, talentuosa autrice del coinvolgente romanzo fantasy, Quella notte il vento, che ci racconta l'origine della sua passione e qualche trucco per garantire la qualità di un testo, e si sofferma sui pro e contro di fare self publishing.
Parlaci di te: com'è nata la passione per la scrittura?
La mia passione per la scrittura per prima cosa nasce, come per tutti, dall'essere da sempre una lettrice vorace. Ho cominciato a sfogliare i Peanuts prima ancora di aver imparato a leggere, cercando le strisce di sole figure nei volumetti che compravano i miei, e ricordo ancora il senso di invidia che provavo per mia sorella maggiore, che già andava alle elementari. Oltre a ciò, tutto il mio carattere sembra sia stato plagiato apposta per portarmi verso la scrittura: sono curiosa di natura, subisco il fascino dell'ignoto, in ogni libro chiuso vedo un mondo segreto in procinto di aprirsi per me. Sono anche solitaria, tranquilla e riflessiva; un'osservatrice attenta di ogni aspetto della realtà. Unito al mio amore per le parole in sé, i loro significati, l'uso che se ne può fare, era inevitabile che prima o poi sentissi il bisogno di scrivere storie mie, di farle emergere. Scrivere è una delle esperienze più preziose della mia vita.
Quali sono i tuoi segreti per scrivere un libro di qualità?
Sarò un po' vecchia scuola, ma un libro per essere buono dev'essere curato. La mente del lettore deve poter scivolare via dalla realtà senza ostacoli e, come lettrice, odio tornare al presente a causa di un refuso, o di un errore di sintassi. È un'esperienza brusca, come inciampare in una lattina vuota nel folto di una foresta che credevi inesplorata. Gli errori di sintassi si evitano leggendo tanto e leggendo bene. I refusi si possono evitare, almeno quasi completamente, adottando i trucchi degli editor professionisti: leggendo al contrario o cambiando supporto (schermo, carta, lettore ebook), o anche solo cambiando grandezza ai caratteri, in modo che le parole "si spostino" sulla pagina. Purtroppo editare non è neanche lontanamente bello quanto scrivere, ma a mio parere un buon editing, anche autogestito, deve rientrare nel patto fra scrittore e lettore. Al di là dei pochi euro che costano i miei libri, il lettore mi regala il suo tempo, che non potrà recuperare mai più. Faccio del mio meglio perché sia tempo ben speso. Sull'ispirazione e la storia in sé non posso esprimermi: scrivo per istinto, non ho idea di dove arrivino le idee migliori. L'unica cosa che posso dire è che cerco di mettermi a scrivere solo nei momenti in cui sento di poter raggiungere facilmente il mio stato di grazia: quella sorta di leggera trance in cui la scena che stanno vivendo i miei personaggi si sostituisce la realtà e in cui le parole affiorano spontaneamente, una dopo l'altra, e sono sempre paurosamente giuste.
Cosa ti piace e cosa no del mondo Self Publishing?
Sono self per scelta e di ritorno: nel 2001 ho pubblicato con la Casa Editrice Nord il mio romanzo di esordio, quando le possibilità per gli autori italiani erano davvero ristrettissime. Poi non ebbi altre occasioni, (Gianfranco Viviani, l'editore che mi aveva scelta, cedette la proprietà), e mi ritirai nel mio guscio di scrittrice inedita. Nel 2014 ho deciso di lanciarmi nel Self Publishing e devo dire che i vantaggi superano gli svantaggi: tutto dipende da me, ho il pieno controllo su titolo, copertina, editing e storia, cose che lavorando sotto Casa Editrice non avvengono. Posso decidere il prezzo dei miei libri e se effettuare promozioni. Pubblico in esclusiva su Amazon e mi piace molto anche il riscontro immediato che mi viene offerto sulle vendite: se qualcuno compra uno dei miei libri i report ai quali ho accesso vengono aggiornati nel giro di pochi minuti. È esaltante, anche se poi ti ritrovi a controllare ogni quarto d'ora...
Quel che non mi piace sono le recensioni lapidarie, (i lettori le scrivono in due minuti, i libri ci impegnano per settimane, mesi o anni e sono una parte importantissima della nostra vita, è una cosa che andrebbe tenuta sempre un po' presente), e il doversi promuovere. I social network non fanno per me, uso solo Goodreads. Se siete fra coloro che vedono gli autori che parlano dei propri libri come venditori di pentole, mi preme dire che purtroppo fa parte del mestiere di scrittore, e che, oltretutto, nasconde un bisogno molto profondo. Ne ho parlato sul mio profilo in un post che si trova anche da altre parti in internet, perché è stato ripreso da un blog molto famoso, oltre che su quello di Extravergine d'autore. Il titolo è: In difesa dell'Autore. Ovvero la sporca (bella) verità che risponde alla domanda: "Ma perché insistete tanto per essere letti?" Toglie tutte le curiosità, ma, soprattutto, è stato scritto a cuore aperto.
Perché ti sei candidata alla selezione di Extravergine d'Autore?
Per avere un giudizio completamente terzo da persone competenti. L'essere stata scelta mi ha dato una grande soddisfazione, perché è servita a farmi un po' credere che il mio romanzo, che amo tantissimo e cui non posso più guardare spassionatamente, sia davvero un romanzo avvincente e ben scritto. Quella Notte il Vento non è mai stato presentato alle Case Editrici, non solo: la prima persona che lo ha scaricato da Amazon è stata la prima a leggerlo dopo di me. Sia per scaramanzia, sia perché sono pochissime le persone che nella mia vita reale sanno che scrivo, scelsi di pubblicarlo totalmente inedito.
"Sognando tra le righe" è il primo blog che abbia recensito qualcosa di mio. (Nel Buio). Le loro recensioni sono favolosamente ben scritte, e animate e guidate da un raro e prezioso rispetto sia per il lavoro dell'autore che per la curiosità del lettore. Arrivano a dire moltissimo di un'opera senza svelarne la trama, né, tantomeno, i colpi di scena. In quest'occasione sono stata invitata a sostenere un'intervista doppia con la collega - e cara amica - Claudia Piano, scrittrice indipendente che ammiro, anche come persona, e con cui ho collaborato al progetto che ha dato vita alla raccolta di racconti gratuiti Un giorno ad Armonia.
PARLIAMO DI... #1 Claudia Piano feat. Rossella Romano
Con trepidazione e aspettativa di successo, oggi siamo a inaugurare un nuovo progetto: basato su stimoli e approfondimenti condivisi con altri tre blog interessantissimi e autorevoli, con i quali con piacere frequentemente ci troviamo a collaborare. Ciascun blog proporrà un post a scadenza bimensile, nel quale verrà studiato a fondo un argomento: per quanto riguarda Sognando tra le Righe, partirà da oggi una nuova rubrica strutturata come doppia intervista. In ogni puntata, due autori accostabili a grandi linee in virtù del genere narrativo sviluppato, ma diversissimi per temperamento e cifra stilistica, risponderanno a una serie di domande uguali.
L' intento è quello di esaltare le peculiarità di ciascuno dei due, di porre l'accento sulle sfaccettature dei loro generi letterari di riferimento, nonché di coinvolgere emotivamente il lettore nei progetti raccontati instillando curiosità. Non da ultimo, confidiamo di far valere la nostra convinzione che per farsi conoscere e farsi leggere, sia come blogger sia come scrittori, non sia necessario sgomitare: è più soddisfacente confrontarsi con simpatia creando affiatamento e spirito di gruppo. Il "la" alla nuova rubrica viene dato da una coppia di autrici fantasy , Claudia Piano e Rossella Romano: tanto diverse come scrittrici, quanto buone amiche nella vita reale - non è un caso che ne abbia conosciuta una tramite l'altra.... Le diversità tra di loro emergono fin dal modo di rispondere "all'interrogatorio": dritta al punto Claudia, meno sintetica Rossella :-) . Entrambe parlano con grande passione di se stesse e del loro lavoro, arrivando ad intrecciare osservazioni reciproche all'insegna di stima e professionalità: leggendo le loro risposte, è estremamente piacevole e utile cogliere similitudini e differenze tra loro.
Come nasce la tua avventura di scrittrice?
Quali sono i tuoi riferimenti letterari/cinematografici/artistici?
C. Ho iniziato la mia avventura di lettrice con La Spada di Shannara di Terry Brooks, ma poi sono rimasta molto più emotivamente coinvolta dai mondi della Marion Zimmer Bradlay (nota per Le Nebbie di Avalon) di cui ho amato la saga di Darkover.
R. Adoro l'horror, perciò il mio scrittore preferito in assoluto è King, anche se negli ultimi anni sta scrivendo libri molto meno potenti dei suoi primi. La cosa che apprezzo di più di lui è la sua capacità di rendere umani i personaggi, magari descrivendone in dettaglio i gesti, quelle cose che facciamo tutti e che nessuno nota, se non uno scrittore. Quando lessi Shining, a tredici anni, ricordo che rimasi colpita dalla descrizione della sbirciatina data dal custode dell'Overlook Hotel al prodotto del proprio naso, nel fazzolettone che si portava in tasca per simili incombenze. Lo facciamo tutti, ma ci è voluto un grande scrittore come King per farlo notare alla me stessa tredicenne. Il custode divenne vivo, nella mia mente, e nei giorni successivi mi terrorizzai quasi a morte girando con Danny nell'hotel assediato dai fischi del vento, dal silenzio della neve e dagli strascichi sovrannaturali del suo brutto passato. Era tutto magicamente reale; specie per me, ancora in un'età dove i confini fra realtà e fantasia sono molto labili. Poi amo la fantascienza, anche al cinema, perché viaggia lontano per spiegare il presente. E ho una fissa per la bella prosa, ricca di descrizioni, di tanti autori dei secoli passati. Tutti quegli artisti che avevano il compito di far visitare paesaggi e luoghi lontani ai propri lettori, in anni in cui non esisteva ancora nemmeno la fotografia. È indubbio che l'India di Salgari, (uno che ha viaggiato solo con la mente, tra l'altro), sia persino più affascinante dell'India vera. Per questo, credo, a volte sono definita "minuziosa nelle descrizioni."
Qual è il carattere generale della tua produzione?
A chi si rivolge principalmente il tuo lavoro e qual è il messaggio che vuoi trasmettergli?
Entrambe avete una cura maniacale per le ambientazioni. Riuscite a riassumerne i tratti salienti, per far capire ai lettori dove si muovono i vostri personaggi?
Come sono la donna di Claudia e quella di Rossella?
Qual è il tuo rapporto con i social network?
Autopubblicazione e CE: perché scegliere l'una e perché scegliere l'altra?
Lavori in corso?
Una riflessione sulla tua "compagna d'intervista"
Intervista rilasciata a gennaio 2016. Cronache di Betelgeuse è un blog interamente dedicato ai libri. Ho conosciuto l'amministratrice, che predilige i generi fantascienza e fantasy, su Goodreads. Ne sono nate due recensioni visibili sul mio profilo - a Immateria e Il Segno dei Ribelli - e una lunga intervista in cui si intravedono già i temi che ho sviscerato nel lungo articolo In Difesa dell'Autore, nato sul mio profilo Goodreads, e poi ripreso da vari blog.
- Come mai hai deciso di intraprendere la carriera di scrittrice?
Innanzitutto ti ringrazio per lo spazio che mi concedi e saluto tutti i tuoi lettori. Per rispondere alla domanda dirò che ho sempre amato le storie, quel potere che hanno i libri di portarti via, spegnere tutto intorno a te e farti vivere esperienze che nella vita reale non potresti mai vivere. Amavo anche raccontarmi storie personali, fin da piccolissima; ero una bambina solitaria e giocavo a "fare finta" da sola, inventandomi scenari complessi, straordinarie avventure, oppure impersonando i protagonisti di cartoni animati, film, fumetti e libri. A quella che i miei chiamavano "una grande fantasia", insieme a uno spirito d'osservazione molto acuto, si univa l'amore per la lettura, l'interesse per la parola scritta, lo studio dei meccanismi che trasformano una serie di parole in una sorta di visione, carica di immagini ed emozioni. Il momento in cui ho capito che potevo scrivere è arrivato quando, a venticinque anni appena compiuti, ho portato a termine la stesura del mio romanzo d'esordio, Il Segno dei Ribelli. Una lunga storia fantasy che nel 2001, quattro anni dopo, fu pubblicata con la Casa Editrice Nord, nella Fantacollana. In seguito le porte per me si chiusero: la Nord fu ceduta ad un grande gruppo editoriale che non aveva interesse a pubblicare il mio secondo romanzo, e la scrittura tornò ad essere quello che era stata in principio. Un mondo personale in cui vivere le mie storie. La decisione di tornare a pubblicare da indipendente è arrivata a luglio del 2014, per un impulso improvviso. Allora ho ripresentato Il Segno dei Ribelli nella sua versione integrale, antecedente ai tagli editoriali, e Immateria, che era rimasto inedito. Ora ho all'attivo tre romanzi e cinque lunghi racconti, che spaziano fra fantasy, fantascienza e horror. Scrivo per un bisogno profondo, ma sapere che qualcuno leggerà le mie storie aggiunge una motivazione fortissima. Considero la scrittura una forma d'arte condivisa, diversa da ogni altra. Mi spiego meglio con un esempio. Se scrivo: "La ragazza lo guidò in fretta su per due rampe di scale e attraverso sale deserte e semibuie, dal pavimento a mosaico," che è una frase di Immateria, sto chiedendo al lettore di fare uno sforzo d'immaginazione, mi sto appoggiando ai suoi ricordi, alle sue esperienze. Le due rampe di scale e le sale in penombra saranno diverse per ogni persona che leggerà quella frase. E lo stesso vale per l'aspetto dei personaggi, per le loro emozioni, persino per le creature fantastiche che popolano i miei libri. Nel momento in cui qualcuno decide di leggerla, la storia diventa anche sua. E questa è una forma straordinaria di condivisione, che non accade nemmeno al cinema: troppo passivo, troppo definito.
- Quali sono i tuoi libri/scrittori preferiti?
Il mio scrittore preferito è Stephen King, per un motivo particolare: alla fine della seconda media ebbi il permesso di leggere libri per adulti e il primo libro che scelsi fu Shining, (il titolo italiano allora era Una splendida festa di morte), perché avevo sentito mia madre fare un commento su una frase e ne ero rimasta incuriosita. Mi impaurii da morire, naturalmente, ma rimasi anche indissolubilmente affascinata dalla capacità di King precipitarti nella storia, nella mente dei personaggi, in modo così assoluto da farti dimenticare tutto il resto. E poi Shining parlava di capacità extrasensoriali, un argomento che trovo ancora oggi irresistibile. King non è solo, comunque. Mi piacciono i classici dell'horror, Poe, Lovecraft (che considero il più visionario della storia), molti autori di fantascienza (Bradbury, Dick, Brown per i racconti brevissimi, e Sturgeon, per citarne alcuni), ho amato La Storia Infinita di Ende, Dickens e le sorelle Brontë, Salgari, Verne e Mark Twain. È lui l'autore del mio libro preferito: Uno yankee del Connecticut alla corte di Re Artù praticamente l'unico libro che sia riuscito a farmi piangere e ridere a voce alta, più volte. Poi mi piace anche Carroll, per come scherza con le parole e per le illogicità, e l'umorismo di Jerome. In linea generale molti autori definiti "classici" e tanti mostri sacri della narrativa fantastica. Ma anche autori contemporanei e, di recente, anche molti indipendenti come me.
- Qual è il momento della giornata che mette in moto il tuo processo creativo?
Le ispirazioni possono arrivare in qualsiasi momento. Se invece sto già scrivendo, la sera prima di addormentarmi è il momento in cui proseguo la storia, parola per parola, frase per frase, nella mente. Le risoluzioni più eclatanti avvengono comunque la mattina, appena sveglia, prima di buttarmi giù dal letto, magari col residuo di un sogno a rendere l'irrealtà un po' più vicina. È in quei momenti che supero gli scogli e ogni elemento trova la sua collocazione, spesso prendendomi un po' alla sprovvista. Si tratta infatti di processi spontanei su cui ho pochissimo controllo. A volte ho persino l'impressione che siano i personaggi, col loro carattere e i loro stati d'animo momentanei, a indirizzare la storia.
- C'è una persona il cui parere è determinante per decidere se il libro è pronto per essere proposto al grande pubblico?
In realtà faccio tutto da sola, un po' per scaramanzia, un po' perché temo molto il giudizio dei miei. Sono emotiva e mi scoraggio facilmente. Autopubblicarmi fa sì che possa prendermi in toto la responsabilità di ciò che scrivo, perciò da quando pubblico da indipendente non permetto a nessuno di leggere le mie storie in anteprima. In pratica è possibile che un qualsiasi lettore le abbia lette prima dei miei parenti più prossimi. Il giudizio che aspetto di più, ed in genere anche il primo, resta comunque quello di mia madre, che ha letto una quantità sterminata di libri ed è quindi una lettrice molto competente.
- Nei tuoi libri c'è una grande varietà di generi, ti trovi a tuoi agio con ciascuno di essi o ne prediligi qualcuno?
Mi considero una sperimentatrice ed esploro tutte le branche della narrativa fantastica. Il genere che amo di più in assoluto, comunque, è la fantascienza, perché più di ogni altro apre la mente. Non solo, anzi, non in particolare quella "hard", con forti connotazioni scientifiche, che è comunque un appagante esercizio intellettuale; piuttosto quella immaginifica, ad esempio le distopie complesse, che poi sono modi per mostrarci l'andamento sottinteso della società, o quella che ipotizza forme di vita molto diverse dalla nostra, diversi modi di concepire la realtà e la vita. Ma sto parlando da lettrice. La fantascienza mi mette prima di tutto soggezione e, quando la scrivo, mi sottopongo a uno stress aggiuntivo. Tanta soddisfazione, ma anche tanta fatica per renderla coerente. Il fantasy offre più libertà, ma personalmente m'impongo di evitare i deus ex machina, gli orpelli e le incoerenze cui chi scrive fantasy può andare facilmente incontro. Anche perché il mio primo scopo, nelle storie fantasy, è renderle, per assurdo, credibili. Un po' come avvenne nel cinema negli anni in cui ero bambina, quando gli effetti speciali cominciarono ad essere realistici. "Crederete che un uomo può volare" recitava la locandina un po' sgrammaticata del primo Superman. Andai al cinema e quel che vidi sullo schermo mi condizionò al punto che per mesi, dopo, mi bastava stendere il braccio per cominciare a "volare" per casa. Ecco, quando scrivo fantasy la sensazione che intendo trasmettere ai lettori è quella. Immergersi nell'impossibile, e crederlo vero. L'horror, invece, più che il genere principale è una componente costante nelle mie storie. La paura mi affascina, la considero un'emozione istintiva, priva di sovrastrutture, profonda e molto potente. M'impaurisco facilmente, sono una di quelle persone che assolutamente non girano al buio per casa, perché finirebbero con l'immaginarvi di tutto, ma, poiché la paura è molto vicina al divertimento, mi piace esplorarla, aggiungerla alle storie, rendendole in questo modo più coinvolgenti.
- Prima di iniziare un nuovo romanzo fai delle ricerche particolari per dare uno sfondo più realistico alla trama?
Sulle ricerche seguo una sola regola, molto severa: qualunque sia l'argomento che vado a toccare, presuppongo di avere per lettori persone molto esperte in quell'argomento. La cosa mi spinge a compiere ricerche approfondite anche per le storie brevi. Ad esempio di recente ho scritto un racconto, (approfitto per pubblicizzarlo un po'), che si svolge a Lucca, durante il Lucca Comics, e ipotizza l'inizio di un'apocalisse zombie. Da toscana conosco bene la manifestazione e la città, ma ho comunque trascorso giornate intere a fare ricerche sulla sua topografia, sugli eventi previsti nel giorno in cui si svolge il racconto, (giorno in cui ero realmente presente a Lucca), sugli effetti della tempesta di vento che aveva colpito la città mesi prima. Sono arrivata persino a costruire una lampada ad olio con la buccia di una mezza arancia, come fanno i protagonisti del racconto prendendo l'idea, come me, da un video di YouTube, per vedere se funzionasse davvero e giudicarne l'autonomia.
- Parlando in particolare di Immateria e del suo protagonista, qual è la caratteristica che ti piace di più di Leonardo?
Il suo spirito avventuroso, in primo luogo, ma anche e soprattutto l'autoironia che lo contraddistingue, quel sapersi di tanto in tanto staccare da se stesso, guardarsi da fuori e giudicare l'assurdità di vivere un'esperienza che lo porterà, suo malgrado, ad avere un ruolo fondamentale nella vita di Sostanza, il pianeta alieno su cui si svolge la storia. C'è un punto nel romanzo in cui le entità con cui è entrato in contatto quasi lo rimproverano perché sta "diventando tragico e troppo serio." La sua reazione è cedere le armi una volta per tutte e abbandonarsi all'istinto e al recupero del pensiero magico infantile.
- Cosa ti ha ispirato nel descrivere il pianeta intricato del libro?
Un paio di nozioni di biologia. Ricordo che lessi che esiste una razza di rospi che, vivendo in un ambiente particolarmente ostile, è diventata capace di sospendere le funzioni vitali fin quasi a morire, mentre attende il ritorno delle piogge. Una nozione che mi colpì quasi in contemporanea con un'altra: la durata allungata della vita degli orsetti russi (quei roditori minuscoli simili ai criceti), quando vivono in natura e cadono in letargo, rispetto a quelli che vivono nei nostri appartamenti, riscaldati tutto l'anno. Le due cose mi hanno portato a ipotizzare un pianeta dove lo stesso popolo fosse diviso in due: da una parte "il Popolo Vigile", che vive nella cattività di una vita più civile, ma accorciata nella durata e ammorbata da regole sociali molto rigide; e dall'altra i cosiddetti "Letargici", più selvaggi, ma anche più saggi, che assecondano il clima ostile di Sostanza cadendo in letargo per lunghi periodi e quadruplicando in questo modo la durata della loro vita. I due popoli dipendono l'uno dall'altro per motivi diversi; un equilibrio crudele che da tempi immemorabili trascina una guerra fratricida all'apparenza impossibile da fermare.
- Hai qualche libro nel cassetto che ci puoi svelare in anteprima?
Ho una cartella sul pc in cui al momento sono presenti nove progetti futuri, sette racconti e tre romanzi. Qualche racconto è già in parte scritto, i romanzi sono ancora a sobbollire. Non mi sbilancio troppo, perché scrivo a seconda dell'ispirazione del momento e non so mai quale storia porterò in fondo per prima. Ho un paio di racconti che mi piacerebbe terminare a breve, comunque. Uno ha per protagonista un bambino di otto anni che si trova a girellare per un grande albergo da solo, a causa dell'influenza che costringe a letto sua madre. Una situazione che ho vissuto realmente. Io immaginai di essere un agente segreto e vidi misteri ovunque, specie negli altri ospiti presenti. Lui naturalmente farà lo stesso. Il secondo racconto è il diario di una colona, che tenta di ambientarsi su un pianeta alieno. Di farsi coraggio e non cedere alle sottili armi usate dagli indigeni, innocui solo all'apparenza.
- Un consiglio per chi vuole diventare una scrittrice esordiente come te
Anche se non sono propriamente un'esordiente, (ho cominciato a scrivere esattamente vent'anni fa), consiglio di non farsi impaurire dalla pagina vuota, perché so per esperienza che, se una storia è degna di essere raccontata, troverà il modo di esistere. E, per chi pubblica da indipendente e ha su di sé anche la responsabilità dell'editing e della correzione di bozze, di rileggere il lavoro finito almeno tre volte, su supporti diversi, (carta, schermo, e-reader), per individuare i refusi e gli eventuali errori di sintassi. È una forma di rispetto verso i lettori, che comprano i nostri romanzi e racconti. Scrivere e leggere molto, il più possibile, è il consiglio finale. Per arrivare a quel momento in cui, come è successo a me, le frasi scendono scorrevoli già in partenza e ci si può abbandonare al gusto d'immergersi totalmente nella storia, di viverla appieno via via che prende forma e finisce, magari, col percorrere strade inaspettate.